Montello, Volpago del Montello, Treviso
Gnessulógo
Tra tutta la gloriola
messa a disposizione
del succhiante e succhiellato verde
di radura tipicamente montelliana
[…]
arboscelli vitigni stradine là e qui
affastellate e poi sciorinate
[…]
(è così che bosco non-bosco in quieta pazzia tu coltivi)
Ed è così che ti senti nessunluogo, gnessulógo […]
mai a gnessulógo è equivalente e
perché qui propriamente
[…]
Questa poesia (di cui si riportano solamente alcuni versi) apre la raccolta di Andrea Zanzotto intitolata Il galateo in bosco. Il “bosco” in questione è quello che ricopre la collina del Montello, luogo storico emblematico, in quanto vi si svolsero violentissimi combattimenti durante la Grande Guerra e in cui si trovano gli ossari dei caduti in quelle zone. L’immagine degli ossari, accanto a quella più serena del bosco, attraversa questa raccolta di poesie. Pertanto, il bosco è associato alla morte; ciononostante, il bosco è un luogo non-luogo, riassunto nel neologismo “nessunluogo, gnessulógo”, ma posto in ossimoro alla chiara collocazione del “qui propriamente”. Il “gnessulógo” costituito dal bosco zanzottiano, con il suo carico di dolorosa memoria storica, evoca lontanamente il concetto di No Man’s Land; questo, coniato da Eric Leed per identificare lo spazio posto tra due trincee nemiche, è un luogo dell’indefinibile, proprio come il “gnessulógo” di Montello.
Zanzotto, Andrea, Il galateo in bosco, Mondadori, Milano, 1979.