Etna, Catania, Sicilia

 

Allora stendeva le braccia a destra e a sinistra, e descriveva come l’intricato laberinto delle gallerie si stendesse sotto i loro piedi dappertutto, di qua e di là, sin dove potevano vedere la sciara nera e desolata, sporca di ginestre riarse, e come degli uomini ce n’erano rimasti tanti, o schiacciati, o smarriti nel buio, e che camminano da anni e camminano ancora; senza poter scorgere lo spiraglio del pozzo pel quale sono entrati, e senza poter udire le strida disperate dei figli, i quali li cercano inutilmente.[…] La sciara si stendeva malinconica e deserta, fin dove giungeva la vista, e saliva e scendeva in picchi e burroni, nera e rugosa, senza un grillo che vi trillasse, o un uccello che vi volasse su. Non si udiva nulla, nemmeno i colpi di piccone di coloro che lavoravano sotterra. […] Pure, durante le belle notti d’estate, le stelle splendevano lucenti anche sulla sciara […] ma Malpelo stanco della lunga giornata di lavoro, si sdraiava sul sacco, col viso verso il cielo, a godersi quella quiete e quella luminaria dell’alto; perciò odiava le notti di luna, in cui il mare formicola di scintille, e la campagna si disegna qua e là vagamente – allora la sciara sembra brutta e desolata. ‘Per noi che siamo fatti per vivere sottoterra, - pensava Malpelo, - ci dovrebbe essere buio sempre e dappertutto’. La civetta strideva sulla sciara, e ramingava di qua e di là; ei pensava: ‘Anche la civetta sente i morti che sono qua sotterra e si dispera perché non può andare a trovarli’.

Il monte qui evocato – sebbene mai chiaramente nominato – è l’Etna, riconoscibile attraverso l’utilizzo costante del termine “sciara” che, nella zona etnea, indica gli accumuli di scorie vulcaniche. La distesa di sciara è immensa, scura, “malinconica e deserta” e, fatta eccezione per qualche macchia di ginestra, la vita sembra sospesa in questo desolato paesaggio vulcanico. La superficie lavica della sciara ricopre le “gallerie” che compongono le zolfatare; queste, se assicurano un lavoro – miserevole – ai minatori come Rosso Malpelo (protagonista di questa novella), rappresentano ugualmente il rischio di morte alla quale essi sono costantemente confrontati nelle viscere della montagna. La sciara svolge altresì una funzione di frontiera tra il mondo esterno, evocato dalle “stelle”, “le notti di luna”, “il mare” o “la campagna” e il mondo buio di “sotterra”, mondo misterioso e drammatico, accessibile a pochi.

Verga, Giovanni: “Rosso Malpelo”. In: Giovanni Verga. Tutte le novelle, a cura di Carla Riccardi, Mondadori, Milano, 1987, pp. 173-189.