Alpi Marittime, Breil-sur-Roya (Provence-Alpes-Côte d’Azur, Francia)

Giuseppe Battista: ”Lo’ncendio del Vesuvio”, in: Poesie meliche, Venedig 1665/66

 

Lettere da Ventimiglia (19 e 20 febbraio 1799)
[…] Alfine eccomi in pace! – Che pace? stanchezza, sopore di sepoltura. Ho vagato per queste montagne. Non v’è albero, non tugurio, non erba. Tutto è bronchi; aspri e lividi macigni; e qua e là molte croci che segnano il sito de’ viandanti assassinati. – Là giù è il Roja, un torrente che quando si disfanno i ghiacci precipita dalle viscere delle Alpi, e per gran tratto ha spaccato in due questa immensa montagna. V’è un ponte presso alla marina che ricongiunge il sentiero. Mi sono fermato su quel ponte, e ho spinto gli occhi sin dove può giungere la vista; e percorrendo due argini di altissime rupi e di burroni cavernosi, appena si vedono imposte su le cervici dell’Alpi altre Alpi di neve che s’immergono nel Cielo e tutto biancheggia e si confonde – da quelle spalancate Alpi cala e passeggia ondeggiando la tramontata, e per quelle fauci invade il Mediterraneo. La Natura siede qui solitaria e minacciosa, e caccia da questo suo regno tutti i viventi. I tuoi confini, o Italia, son questi! ma sono tutto dì sormontati d’ogni parte dalla pertinace avarizia delle nazioni. […] Io guardando da queste Alpi l’Italia piango e fremo, e invoco contro agl’invasori vendetta […].”
Diretto verso la Francia dove cerca esilio, il proscritto Jacopo Ortis, in sosta a Ventimiglia, volge lo sguardo ai monti delle Alpi Marittime che circondano la cittadina ligure e, in un impeto romantico, in cui la Natura appare come un’entità temibile e cupa (“solitaria e minacciosa”), specchio dell’umore del personaggio, egli si rivolge all’Italia, l’amata patria che vorrebbe, ma non può, difendere dall’azione degli “invasori”. Lo sguardo sulle Alpi acquisisce allora una portata politica: queste, che Ortis considera come la frontiera naturale dell’Italia sono, malgrado l’aspetto cupo, una fragile barriera, facilmente valicabile dagli “invasori”.
Arrivato a Nizza, ma sofferente per la lontananza dall’Italia e dall’infelice amore per Teresa, Jacopo Ortis decide di tornare indietro, verso altri monti, ovvero i colli Euganei, dove poco dopo, disperato e disilluso dall’amore e dalla politica, si suiciderà. Le lettere che compongono questo celebre romanzo epistolare sono rivolte al fedele amico, depositario di confidenze – e narratore – Lorenzo Alderani.

Foscolo, Ugo: Ultime lettere di Jacopo Ortis, a cura di Giovanna Ioli, Einaudi, Torino, 2004, pp. 137-141. à